Quanto conta veramente un voto alto a scuola?
Ed è finito un altro anno scolastico. Fino a qualche giorno fa, gli insegnanti e i ragazzi erano impegnati con le ultime interrogazioni, i genitori con le ultime raccomandazioni.
È però la stanchezza da parte di entrambi la vera protagonista. Ormai quel che è fatto è fatto. Assegni, note, convocazioni sembrano ormai lontane nel tempo. Resta quella snervante attesa dei voti conclusivi, della pagella di fine anno, che altro non è che un documento che informa lo studente e la famiglia del suo andamento e che se, inserito in una trama di notizie e di vissuti che si sono sviluppati durante l’anno scolastico, offre preziose indicazioni sui punti di forza e di debolezza dell’alunno, in previsione di un lavoro di incoraggiamento e valorizzazione dei primi e di recupero e di sostegno per i secondi.
Voti a scuola e loro importanza
Un voto buono dovrà essere mantenuto, nei limiti del possibile; un brutto voto sarà, invece, indice della necessità di un potenziamento e di un’attenzione maggiore. Eppure non è tutto così semplice e scontato. Lo dimostra il crescendo di emozioni, di tensione per l’attesa, di curiosità circa l’esito della valutazione finale che si riflette in maniera significativa sul rapporto genitori-figli, in un vortice di aspettative e, a volte, di conflitti e tensioni.
Oggi, poi, con il registro elettronico è possibile monitorare i voti ogni qualvolta si voglia e molto spesso questo diventa un’arma per ricatti e malumore, più che un modo per osservare l’andamento scolastico. Complice di questa pretesa nel richiedere voti buoni, anzi ottimi, è una società che, concentrata sulla performance, reclama preparazione e risultati, a discapito della spontaneità e dell’autenticità dell’individuo.
Tempi duri i nostri, dove più si punta al dover eccellere, più ci si sente in competizione. E, con questi presupposti, proprio la scuola può diventare il luogo dove sia alunni che genitori si sentono in competizione tra loro; per cui sembra necessario richiedere ai propri ragazzi votazioni degne di lodi!
I voti bassi a scuola
Voti bassi: c’è un significato?
Eh, a volte può essere un vero e proprio dramma, per genitori e per i figli. I primi vivono l’insuccesso scolastico come fosse un proprio fallimento, per ragioni diverse: alte aspettative, desiderio di realizzazione personale attraverso il figlio, preoccupazione di non essere un bravo genitore pensando di non riuscire a dare il giusto contributo per la riuscita del percorso scolastico. Vivere la scuola come banco di prova delle proprie competenze genitoriali significa condannarsi a sensi di colpa, frustrazione, rabbia. Pensare io sono un genitore inadeguato se mio figlio non va bene a scuola vuol dire anteporre i propri interessi a quelli del figlio e non riuscire a riconoscerlo e a coglierne i reali bisogni evolutivi.
Di conseguenza diventa un dramma anche per i figli che, a volte, si ritrovano con tutto il peso di questi sentimenti genitoriali sulle spalle e a dover fare i conti con le proprie capacità (o meno) e con dosi notevoli di ansia da prestazione.
Nella mia pratica clinica, mi sono imbattuta in studenti provati e feriti nell’autostima perché sentono di non riuscire come vorrebbero i genitori e ho incontrato genitori delusi e preoccupati che, spaventati per il brutto voto a scuola, sono ricorsi a controproducenti intimidazioni e strategie di recupero dell’ultima ora.
Non è funzionale far passare al figlio il messaggio secondo il quale è importante ottenere voti alti, solo voti alti, magari condendo il brodo con la raccomandazione sennò ne va del tuo futuro!
Il bambino/ragazzo può sentire di essere riconosciuto e stimato solo per il voto e per la sua bravura, sviluppando, di conseguenza, atteggiamenti e comportamenti che faranno felici i genitori ma che limitano la propria autenticità e libertà di espressione, nella convinzione di essere amato solo se realizzerà le loro aspettative.
Cosa fare se i figli hanno voti bassi?
Certo non esiste un manuale del genitore perfetto (Freud diceva che questo è il mestiere più difficile del mondo), tuttavia può essere utile dare il giusto peso e il giusto significato al voto, concentrando l’attenzione in maniera generale su tutte le abilità e le competenze che il bambino/ragazzo deve sviluppare nella vita, individuando le sue inclinazioni personali, i suoi punti di forza. È importante riconoscere il proprio figlio indipendentemente dal successo scolastico e non considerare la valutazione, l’aspetto più importante del suo processo evolutivo. Anche perché la stessa didattica si pone come obiettivi lo sviluppare nell’alunno competenze di vita, curiosità, interesse, capacità di relazionarsi, essendo un’agenzia educativa fondamentale per la crescita.
Se prende bei voti? Una piccola ricompensa, legata all’impegno profuso nello studio, sarà sicuramente gradita ma attenzione a non agire la logica ti premio solo se fai il bravo, quindi se porti buoni voti. In questo modo potrebbe passare il messaggio io sono meritevole di amore solo se avrò successo. Crescere con questa percezione diventa rischioso soprattutto in adolescenza, dove nelle perturbazioni fisiologiche tra genitori e figli, questi possono agire risentimento contro i primi, con atteggiamenti oppositivi, boicottando proprio la scuola e i propri percorsi personali.
Ed ecco allora che bambini che un tempo erano i più bravi della classe, diventano adolescenti svogliati e assenteisti o manifestano sintomi di disagio scolastico.
E se prende brutti voti? Beh, anche nello studente più svogliato un brutto voto causa demotivazione; per fare in modo che non diventi però qualcosa di traumatico (con conseguenze come non impegnarsi più o il temere in maniera eccessiva le reazioni dei genitori) è bene comunicare in maniera adeguata, sottolineando il valore che ha e le possibilità di recupero; aiutarlo ad apprendere dall’insuccesso, aiutarlo a sostenere un fallimento.
Capire se il problema è stata una generale mancanza di impegno o se attraverso i voti il bambino/ragazzo sta cercando di comunicare qualcosa di più profondo (non riuscire a studiare per mancanza di metodo, per problemi legati a disturbi dell’apprendimento, per fenomeni di bullismo, per ansia e paura del giudizio, di insegnanti, compagni, genitori o del proprio). In questo caso è utile che insegnanti e genitori monitorino la situazione e, nell’eventualità, richiedano la consulenza di un professionista.
Inoltre per un bambino/ragazzo prendere un brutto voto diventa anche l’occasione per sperimentare la delusione e il fallimento. Quindi altamente formativa. È un’esperienza di vita, se viene dato ad essa un significato congruo a ciò che è, senza estremizzarla o generalizzarla all’intera persona (un significato simile induce sensi di colpa provenienti da pensieri del tipo non sono buono a nulla, non ce la posso fare, sono una delusione per i miei genitori).
Così come è importante non sostituirsi al bambino, se non riesce a svolgere un determinato compito, ma sostenerlo, al tempo stesso è utile demandargli in maniera costruttiva la responsabilità di risultati negativi, accompagnandolo in un processo di consapevolezza e di auto-responsabilizzazione. Attaccarlo, criticarlo, esercitare pressione, il più delle volte, sortisce solo l’effetto contrario, minando l’autostima e quella importantissima sensazione di potercela fare, che sarà patrimonio prezioso nella sua vita futura.
Tuo figlio non è il voto che ottiene, è molto di più di una valutazione di ciò che ha o meno appreso. Prima di pensare che possa diventare una persona di successo, domandiamoci se non desideriamo che diventi innanzitutto una persona serena.
Se vuoi confrontarti con me su questo argomento, usa il form che trovi di seguito: sono Elisa Mogavero, psicologa psicoterapeuta ad indirizzo sistemico-relazionale.
Sorry, the comment form is closed at this time.